L’usignolo di Woodstock torna a Roma: stasera Joan Baez, la regina della folk music e simbolo del pacifismo e della lotta per i diritti civili, scenderà nella cavea dell’Auditorium Parco della Musica, terza tappa della mini tournée che la vede impegnata in questi giorni in Italia.
Sono passati quasi cinquant’anni da quando nel 1963 marciò a Washington per i diritti civili a fianco di Martin Luther King, intonando quello che da allora sarebbe diventata la più celebre delle canzoni di protesta, legata indissolubilmente alla sua interpretazione: “We shall overcome”. Il suo nome, la sua figura esile, con i capelli corvini lunghi sulle spalle, la chitarra acustica sempre a tracolla, circondata dal gotha musicale di quegli anni irripetibili, è entrata nell’immaginario collettivo come icona dell’impegno politico degli anni Sessanta. Una fama meritata anche grazie alle sue doti musicali e alla sua voce dal timbro inconfondibile.
Non c’è genere che non abbia attraversato, nel corso della sua carriera: dal folk al rock, dal pop al country al gospel. Ha regalato vita nuova e interpretazioni storiche ai brani di artisti come Woody Guthrie, Bob Dylan, Jackson Brown, Pete Seeger, Beatles, Rolling Stones, Paul Simon, Phil Ochs, Stevie Wonder, Natalie Merchant, Ryan Adams, Steve Earle. Ha cantato in oltre cinquanta lingue e restano memorabili le sue interpretazioni di “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones” di Gianni Morandi, “La canzone di Marinella” di Fabrizio De André e “Here’s to you” di Ennio Morricone, la canzone dedicata alla tragedia di Sacco e Vanzetti. Nata a New York da padre messicano e madre scozzese, Joan Baez ha iniziato a esibirsi suonando nei locali di Boston e Cambridge alla fine degli anni Cinquanta. Nel 1959 sale scalza sul palco del Newport Folk Festival e diventa per tutti “the barefoot Madonna”. Nel 1961 incontra e ama il menestrello Bob Dylan: un sodalizio affettivo e artistico che durerà per un triennio, raccontato anni dopo da entrambi in canzoni e testi struggenti. Il 28 agosto 1963, quando Dylan si avvicina a un microfono e, davanti alla folla sterminata che si è radunata sotto l’obelisco di Washington, inizia a cantare “When the ship comes in”, la ragazza dai capelli neri si unisce a lui.
Nel 1969 Joan Baez entra definitivamente nella storia quando sale all’una di notte del 15 agosto sul palco del festival di Woodstock. Tra le canzoni scelte per la sua esibizione, ce ne sono alcune destinate ad accompagnarla nel tempo: “Sweet Sir Galahad”, “Swing Low, Sweet Chariot” e, naturalmente, “We shall overcome”. Ha viaggiato per mezzo mondo, portando la sua voce al servizio dei diritti umani violati in Vietnam, Cambogia, America del Sud, Iraq. E l’anno scorso, questa signora sottile ed elegante, con i capelli ormai bianchi tagliati corti e la voce di sempre, si è pure esibita con la sua inseparabile chitarra in mezzo alla strada insieme ai manifestanti di Occupy Wall Street.
Chiara Cecchini