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ATTUALITÀ · giovedì 15 novembre 2012

Governo, o election day o crisi: l'ultimatum del Pdl

In caso di vittoria di Bersani nelle primarie del centrosinistra Berlusconi scenderebbe in campo alla guida del centrodestra mentre lascerebbe questo compito ad Alfano qualora vincesse Matteo Renzi

Torna la possibilità di una fine anticipata della legislatura. La crisi potrebbe aprirsi perchè il governo rifiuta l'ipotesi avanzata dal Pdl di un unico election day per regionali e politiche. L'esecutivo ha infatti deciso che per il rinnovo dei Consigli regionali di Lombardia, Lazio e Molise si voti il 10 e 11 febbraio mentre dovrebbero tenersi ad aprile le elezioni politiche.

Angelino Alfano esprime il suo dissenso: “Fissare le elezioni regionali a febbraio e le politiche ad aprile è un giochino che ci costa 100 milioni di euro. Facciamo la tassa Bersani per votare a febbraio. È una cosa che mi indigna”. Il segretario del Pdl lancia un ultimatum a Mario Monti: “Il governo rimedi a un errore grossolano e madornale, il Pdl non può dire di sì. C'è tempo fino a venerdì. Noi valuteremo nel week end cosa fare. In questo modo si condanna l'Italia a cinque mesi estenuanti di campagna elettorale”. Da queste considerazioni, Alfano avanza una proposta: “Anticipare le elezioni politiche al 10 febbraio, oppure spostare le elezioni regionali al 7 aprile”.

La posizione del Pdl è scaturita da un incontro tra Alfano, Silvio Berlusconi, Denis Vedini e Gianni Letta in cui si sarebbe convenuto sulla considerazione che per il centrodestra non è percorribile un calendario elettorale in cui gli effetti di una probabile sconfitta nelle elezioni regionali possano poi prolungarsi nella campagna per le elezioni politiche. Un rischio che Berlusconi vuole assolutamente evitare. Da qui l'idea di attendere le eventuali decisioni del Consiglio dei ministri di domani: in caso di mancato accoglimento della richiesta di unificazione delle scadenze elettorali, il Pdl voterebbe la legge di stabilità e poi aprirebbe la crisi di governo.

Secondo alcune indiscrezioni, Berlusconi avrebbe espresso nella riunione di ieri l'intenzione di ridiscendere in campo alla guida del centrodestra in caso di vittoria di Bersani nelle primarie del centrosinistra, mentre lascerebbe questo compito ad Alfano qualora vincesse Matteo Renzi.

Pier Luigi Bersani spiega la posizione del Pd: “Invito Alfano a non fare il mestiere del presidente della Repubblica, ne abbiamo un altro che fa benissimo il suo mestiere. Per me, si va a votare nei tempi giusti per quel che riguarda le elezioni politiche e prima che si può per quelle regionali. Si facciano i conti di quanto costa tenere in piedi delle Regioni senza far nulla”.

Sulla posizione del Pdl - ecco la novità che preoccupa il governo - si assestano anche Udc e Fli. La notizia trapela dopo un incontro tra Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini svoltosi nello studio del presidente della Camera a cui erano presenti anche Italo Bocchino, vicepresidente di Fli, e Lorenzo Cesa, segretario dell'Udc.

“C'è molta preoccupazione per le conseguenze del voto a febbraio per le elezioni regionali. C'è preoccupazione perchè oggi inizia una campagna elettorale che durerà non due mesi ma quattro-cinque. Il rischio è che ci sia ingovernabilità nelle aule parlamentari e nel governo del paese”, dichiara Cesa. Stessa posizione quella di Bocchino: “Di fatto siamo già in campagna elettorale e non siamo convinti che il paese se lo possa permettere. Così bruciamo gli ultimi mesi del governo Monti”.

Anche Andrea Gibelli, Lega Nord, vicepresidente della Regione Lombardia si schiera per unificare le scadenze elettorali: “È assurdo che per accontentare il compagno Bersani si sprechino cento milioni di euro. Il governo quindi faccia marcia indietro e si convinca dell'assoluta necessità di accorpare le elezioni regionali a quelle politiche”. Nel caso la situazione dovesse precipitare, resterebbe irrisolto il problema della riforma elettorale.

Nella commissione Affari costituzionali che ne discute da mesi al Senato senza trovare un accordo, l'unica novità è un emendamento del leghista Roberto Calderoli che prevede un premio al primo partito pari al 20% dei seggi conquistati, prospettiva che non dispiace al Pd. Secondo l'ex ministro della Semplificazione legislativa, questo premio andrebbe al partito o alla coalizione che prende più voti pur non ottenendo il 42,5% dei consensi, soglia fissata da Pdl, Lega Nord e Udc per far scattare il premio di governabilità del 12,5%.

Bersani è intanto tornato a ribadire la posizione del Pd: “Sia chiaro che il Pd non potrebbe accettare una soluzione che dichiarasse in anticipo che l'Italia è ingovernabile. Non possiamo accettarlo non per il partito, ma per l'Italia”. Quanto al “lodo Calderoli”, ironizza: “Sono già diventati due-tre lodi, si va da Lodi a Melegnano con grande facilità, ogni ora e mezza cambiano le proposte”.