C'è qualcosa che non convince in Campidoglio e non tanto per il consigliere delegato alla sicurezza Ciardi che inneggia all’operazione dei vigili contro l’abusivismo commerciale mentre la Procura indaga sui 30.000 euro di cene elettorali pagate dall’amico Samuele Piccolo già vice presidente dimissionato dell’assemblea capitolina finito ai domiciliari insieme al padre (in galera c’era finito il fratello) per un pazzesco giro di soldi in nero e società farlocche. Nemmeno per le storiche affermazioni del consigliere di maggioranza Mollicone, che ritiene assurdo abbassare il muro dell’Ara Pacis di 15 centimetri quando Alemanno si era impegnato a buttar giù tutta l’opera di Meyer.
Chiacchericcio di fine sindacatura, bullshits quando non si riesce nemmeno a far passare uno straccio di delibera urbanistica in un Consiglio di ectoplasmi sfuggenti. Lascia invece dubbiosi, molto dubbiosi, il rinvio di quella conferenza stampa di Alemanno annunciata per le 14 di ieri alla Sala delle Bandiere e rinviata poche ore prima. Peccato, perché doveva rappresentare l’apoteosi del sindaco, la presentazione della “relazione di fine mandato, con la gestione del bilancio di Roma Capitale dal 2008 a 2013 e le principali attività amministrative e normative. Doveva essere presente il Gotha della scienza amministrativa dal segretario generale, Liborio Iudicello, all’assessore al Bilancio, Carmine Lamanda, sino al ragioniere generale, Maurizio Salvi, il direttore esecutivo, Raffaele Borriello, e il presidente della Commissione Bilancio dell’Assemblea capitolina, Federico Guidi. Insomma, roba forte, un inno ai cinque anni di fallimenti, che improvvisamente svanisce senza che i romani, in ansiosa attesa, nemmeno sappiano quando l’importante assise verrà riconvocata.
Ma a destar ancor più sospetti nelle solite malelingue è stata una dichiarazione di Fabio Rampelli, che dagli studi di Radio Città Futura alla domanda «le piacerebbe la Meloni come candidato del centrodestra a sindaco di Roma, rispondeva: «Sì, potrebbe farlo bene perché le prerogative di questa ragazza sono molteplici: è innanzitutto una persona grintosa». E in merito alla possibilità di un secondo mandato di Alemanno al Campidoglio rispondeva: «Non ho mica sposato Alemanno, anche se lo conosco da quando era ragazzo.
Voglio capire cosa vuole fare», concludendo: «Noto che in questi cinque anni abbiamo avuto delle divergenze che non ho mai tenuto nascoste». Che Giorgia sia la futura candidata questo giornale lo va sostenendo da settimane, che poi Rampelli non si sia sposato Alemanno non sorprende, essendo ancora fuorilegge le nozze gay. Quanto alle divergenze, si debbono essere manifestate nei chiusi circoli dei boiardi capitolini anche perché Rampelli non ha mai perso occasione per acchiappare posti di potere per i suoi sodali politici con il pieno consenso dell'obbediente sindaco. Ma che il capo dei gabbiani alla candidatura di Giorgia ci pensi davvero dopo che la sua giovane pupilla si era sbracciata in effusioni di amorosi sensi verso Gianni unico e vero candidato al soglio capitolino, fa riflettere sulle condizioni di salute politica del sindaco. Troppi procuratori si danno un gran daffare. Oggi su Ciardi, ieri su Mancini, l’altro ieri su Piccolo, prima ancora su Panzironi, il consigliere Orsi, quindi sui punti verdi qualità ecc. ecc. ecc. Troppe inchieste, troppe carte voltate e rivoltate in un turbillon di documenti dal quale improvvisamente potrebbe sbucare il coniglietto delle dimissioni. E Giorgia? Lei è lì, ringiovanita, pimpante, bionda ed affascinante a raccogliere il fardello che la destra ha abbandonato nelle buche urbane di Ghera.
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